Riprendiamo l’argomento della personalizzazione del prodotto con una serie di esemplificazioni, così come richiesto da alcuni che seguono il mio blog.
Naturalmente continuando a prendere liberamente lo spunto dai contenuti proposti durante il master in "E-Commerce e Business Online" da Gaetano di Marco (c/o Business School del Sole 24 Ore).
Naturalmente continuando a prendere liberamente lo spunto dai contenuti proposti durante il master in "E-Commerce e Business Online" da Gaetano di Marco (c/o Business School del Sole 24 Ore).
Molti marchi oggi
giorno, a seconda della necessità, si comportano come broadcaster o narrow caster.
Amanzon, come molte
altre aziende online, è nato per far trovare alla gente articoli di nicchia,
poi si è aperto anche a prodotti di massa. Viceversa, molti brand di massa,
adesso stanno cercando di dare alla persone la possibilità di personalizzare i
prodotti tramite internet.
Amazon, Apple e
Netflix percorrono la curva, ma a mio avviso ultimamente molti sempre più tendono di più
alla coda lunga.
Si sono, cioè, resi conto che vi è una saturazione del mercato
di massa e si sono quindi indirizzati ad un mercato di nicchia. Si va così
dall'offerta di pochi prodotti per il grande pubblico a tanti prodotti
diversificati per tante differenti nicchie, si va cioè verso la
personalizzazione dei prodotti. Per fare questo bisogna saper segmentare il
target in modo da conoscerlo a fondo e creare una strategia vincente nella
personalizzazione dei servizi/prodotti.
Ovviamente un
prodotto personalizzato costa molto di più; M&M, ad esempio, chiede
64 euro per 20 cioccolatini….. incredibile: il prodotto costa il 400% in
più. In questo modo, naturalmente, ne vende pochi, ma ci guadagna lo stesso.
Si può
personalizzare il cioccolatino con dedica e fotografia. Si può anche
personalizzare il packaging.
La personalizzazione
del prodotto, inoltre, svincola dalla commodity, e crea un nuovo
tipo di business che non elimina quello vecchio ma lo integra.
Anche Nutella ha
fatto i barattoli col nome, ma si possono trovare anche al supermercato senza
personalizzare nulla. E’ solo un’operazione di comunicazione e non un’operazione
commerciale.
Lego:
dall’analogico al digitale (dall’off line all’online)
Lego, attraverso i
social network, ha creato un servizio ad hoc per i propri consumatori. I
consumatori possono inviare i disegni del prodotto che vorrebbero (la casa dei
sogni da costruire con i lego) e Lego provvederà a costruire un prototipo sulla
base del disegno.
Tramite l’online
si può avere una personalizzazione dei prodotti e dei servizi. Questa strategia
della Lego è sia un’ottima idea di comunicazione che di business.
La
personalizzazione dei prodotti e dei servizi è stata per l’azienda una via da
percorrere per uscire da un mercato saturo e questo è stato possibile grazie alle
potenzialità del digitale.
Naturalmente i
prodotti personalizzati costeranno inevitabilmente di più di quelli di serie (800% in più).
Una curiosità: qual
è stato il primo brand che ha personalizzato i propri prodotti? È stata la SodaJones.
In ottant'anni di
esercizio è stata leader del mercato con soli sei prodotti da vendere. In
questi ultimi anni si è resa conto che per rimanere leader aveva bisogno di
differenziarsi. Ha dato quindi la possibilità ai propri consumatori di poter
personalizzare l’etichetta mettendo una foto o una dedica.
In poco tempo
grazie a questa strategia si è passati da 4 milioni di consumatori a 12.
Anni addietro
molte aziende per incrementare le vendite mettevano in atto la tattica dell’Edizione
Limitata, ovvero per un breve tempo offrivano prodotti con
caratteristiche particolari, diverse da quelli seriali, ma in numero limitato e
quindi disponibili per poche persone.
Il prezzo di
questi prodotti era più basso e, naturalmente attirava più clientela, ma in fin
dei conti si trattava di un’operazione temporanea di marketing e non di una
strategia di medio-lungo termine di business, pertanto le aziende si sono rese
conto che questa pratica non era molto efficace.
Ora, grazie alle
potenzialità che l’online offre si possono effettuare delle edizioni
personalizzate di prodotti e servizi in qualsiasi momento.
Come mai allora
tra tanti prodotti e servizi personalizzati non si è ancora riusciti a
personalizzare le tariffe telefoniche?
Per le aziende
dovrebbe essere facile; già conoscono i nostri dati e le nostre abitudini. Non
lo fanno perché a loro non conviene economicamente.
Dalla
personalizzazione alla coprogettazione
Da BtoC a BtoB …
Quando parliamo di
personalizzazione stiamo parlando di BtoC.
Quando parliamo di
BtoB dobbiamo invece parlare di coprogettazione. Infatti ciò che
cambia non è il prodotto finale, ma la configurazione del progetto. Pertanto
questo rende più difficoltoso mettere in atto un crowdsourcing nel settore BtoB.
Con l’introduzione
del digitale è cambiato il modo in cui si ideano nuovi prodotti. Una volta si
creavano i prototipi e si faceva il testing del prodotto sul target di
riferimento.
Adesso si idea un
prodotto con la base di un bisogno del mercato di riferimento a volte anche
esplicitato tramite comunicazione diretta e successiva coprogettazione del
prodotto.
Ecco alcuni
esempi:
Converce, tramite il
digitale, ha dato la possibilità di personalizzare i prodotti. Si differenzia
dagli altri brand per una peculiarità.
Il consumatore che crea un nuovo
prototipo che andrà sul mercato dovrà dividere gli introiti con l’azienda. Il
consumatore dovrà prendere così il rischio d’impresa: se nessuno compra il
prodotto dovrà pagarlo lui.
Il logo EXPO diMilano
Il logo di Expo
2015 è nato grazie ad un progetto di crowdsourcing online, ovvero diversi
utenti della community hanno proposto diverse idee creative a costo zero.
Secondo Gaetano De Marco questo non è crowdsourcing, ma è sfruttamento della creatività a costo zero.
Il digitale,
quindi, non deve essere visto solo come uno strumento di comunicazione, ma come
un elemento strategico per il proprio business.
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