In
tutto il mondo vi sono più di 500 milioni di utenti registrati su
LinkedIn, di cui 10 milioni in Italia. Lo sapevi?
LinkedIn
è un social network professionale che permette di comunicare con colleghi, mantenere un CV online, dare
e ricevere referenze professionali, seguire persone influenti nel proprio business o settore industriale. In più è il
social media più usato dai professionisti delle Risorse Umane.
1.
Quindi LinkedIn è amico dei recruiter?
Come
al solito non esiste una risposta universale. Dipende.
Può
essere amico perché può aiutare l’azienda – attraverso le HR – a trovare
candidati di talento attraverso i loro network; candidati che si possono trovare attraverso una ricerca
avanzata che tenga presente varie caratteristiche:
lavoro precedente o presente, settore industriale, area geografica, job title,
keywords, competenze, ecc..
Inoltre, LinkedIn offre
la possibilità di iscriversi a gruppi tematici per fare domande,
condividere idee e aggiornarsi.
Infine, lì si possono pubblicare posizioni lavorative visibili
a tutti e avere più chance di trovare i
candidati desiderati.
2. E allora…
dove sta l’insidia?
I
social media sono senza dubbio necessari sia per il business che
per l’immagine dell’azienda, ma non sono mai immuni da rischi.
Proprio per questo molti selezionatori non hanno ancora iniziato ad
utilizzare i social, poiché vi sono problematiche giuridiche ancora in attesa di
una risposta e che sono attualmente al vaglio di tribunali, assemblee legislative ed agenzie
governative, come ad esempio il National Relations Board (NLRB) negli Stati
Uniti.
3. Le due facce della medaglia
Da
una parte i social media aiutano le HR a reclutare candidati “passivi” –
ovvero che non stanno cercando attivamente un altro lavoro - cosa che prima era
quasi impensabile.
Infatti si
possono trovare i CV di chiunque in un battibaleno, entrare e restare in
contatto con i possibili candidati e diffondere l’annuncio di lavoro a tantissime
persone.
Dall’altra
parte attraverso i social si potrebbe venire a conoscenza di aspetti “personali e
privati” del candidato… aspetti che, appunto per
ragioni di privacy, normalmente non potrebbero
essere trattati durante un colloquio di lavoro.
4.
Alcuni esempi:
-
Un recruiter cerca online maggiori informazioni su un candidato che ha risposto
ad un annuncio di lavoro. Prima va su LinkedIn, poi, per saperne di più, va a dare un’occhiata su Facebook.
Su
Facebook nota che il candidato ha pubblicato delle foto “compromettenti” e presume di aver così trovato risposte a delle domande che non
gli era consentito fare in un colloquio.
E
adesso come si deve comportare? Il processo di selezione di quel candidato è
compromesso?
-
Potrebbero sorgere anche problemi con il pubblico interno dell’azienda.
Un
dipendente, attraverso gli account social dell’azienda,
pubblica informazioni false su un competitor che lo possono potenzialmente
danneggiare. E’ l’azienda colpevole di diffamazione?
-
Oppure…
Un
dipendente pubblica sui social dei contenuti riservati o la cui proprietà
intellettuale è protetta. Come è possibile salvaguardare l'azienda dal danno che ne deriverebbe?
-
Oppure ancora…
Un
dipendente scrive un commento denigratorio sul proprio capo sui social. Come si risolve la situazione? E’
pronto un piano di azione?
Sta
a te proteggere il tuo business formandoti e aggiornandoti sull’uso dei
social in azienda e creando delle solide Social Media Policy alle
quali tutti possano attingere.
Stay
tuned! La prossima settimana andremo avanti con l’argomento "Social HR" e
parlermo di Facebook! 😊
Qui di seguito i link agli articoli precedenti sull'argomento "Digital Transformation e Risorse Umane":
Commenti
Posta un commento