Nel
mio Blog di fine Dicembre ho accennato sinteticamente ad un argomento, credo,
interessante: “Come vorrebbero lavorare i tuoi dipendenti”.
Ora
i dipendenti che lavorano in un’azienda non lavorano da soli: in un ufficio, ad
esempio, formano un gruppo ed un gruppo ha un capo.
A
questo punto pare ovvio chiedersi con che tipo di capo i dipendenti vorrebbero
avere a che fare.
Mi
è parso quindi utile cercare di individuare quali debbano essere le
caratteristiche di un buon capo, visto che sono queste che rendono meno
stressante e più serena l’attività lavorativa.
Prendo
lo spunto da uno studio di McGraw-Hill (TheoRy
and problems of Social Psycology) e sintetizzo brevemente ciò che lui illustra con abbondanza
di considerazioni.
La
prima caratteristica che balza all’occhio è che il capo debba essere competente, cioè essere colui che è
meglio qualificato di altri per le sue conoscenze ed abilità a gestire le
attività tecnico/professionali del gruppo.
Non
solo, deve essere il vero responsabile
dell’attività del gruppo, nel senso che deve essere colui che assicura e guida
l’elaborazione e il raggiungimento degli obiettivi nell’ottica dei fini
aziendali.
Inoltre
deve essere un esempio, un modello
di riferimento per il comportamento degli altri membri del gruppo, sia
sollecitandoli sia con un esempio concreto di competenza, equilibrio e
laboriosità.
A
questo si aggiunge che deve rappresentare
il gruppo nelle relazioni esterne, deve cioè regolare le reciproche
relazioni del suo gruppo con gli estranei ad esso, perchè è il simbolo del gruppo; non solo lo
rappresenta ma ne assicura la continuità restando a lungo al suo posto anche
quando la composizione del gruppo potrebbe modificarsi.
Deve
anche essere l’agente di controllo
delle relazioni interne. Tenere d’occhio le relazioni interpersonali che si
stabiliscono all’interno del gruppo stesso e, di conseguenza, poter intervenire
come giudice imparziale o come conciliatore negli eventuali dissensi o
conflitti che si potrebbero creare.
Infine
il capo appare anche come una figura
paterna. Diviene, inconsapevolmente, l’oggetto ideale del transfert. Questo
aspetto, secondo la psicanalisi, ha un ruolo fondamentale nella relazione con
il gruppo. In gruppi di grande durata il capo, se è un buon capo, diventa il
polo d’attrazione dei sentimenti positivi.
Ora,
semplificando, vi possono essere due tipi di capo: l’autoritario e il
democratico. Vediamo in breve le differenze tra i due e le conseguenze sulle
dinamiche di gruppo.
Il capo autoritario
In
questo caso il morale del gruppo ha delle basi poco solide, perchè non si
possono costruire buone relazioni interpersonali dato che tutte le
comunicazioni devono passare attraverso il capo ed essere da lui controllate.
In
uno studio sperimentale si è verificato che, in questi casi, i componenti del
gruppo cercano di stabilire rapporti con il capo secondo due precise modalità:
per chiedere istruzioni e per cercare di attirarne l’attenzione.
Per
guadagnarsi il favore del capo ed occupare un posto di prestigio nascono così rivalità
ed intrighi ed in generale un’atmosfera di tensione e di conflitto latente,
favorito da sentimenti di frustrazione e delle tendenze aggressive.
Il capo democratico
In
questo caso viene favorita la cooperazione e la partecipazione alle attività
collettive, e le responsabilità, anziché essere concentrate, vengono
distribuite.
Vengono
favorite le relazioni interpersonali e, di conseguenza, si riducono le tensioni
e i possibili conflitti interni al gruppo.
Meglio quindi un
capo democratico o autoritario?
In
uno studio sperimentale, in cui venivano messi a confronto gruppi a guida
autoritaria e gruppi a guida democratica, è risultato che i gruppi a guida
autoritaria avevano maggiore tendenza all’aggressività verso gli altri membri piuttosto
che verso il capo e maggiore tendenza all’apatia, che altro non è che ostilità
inibita dalla presenza del capo, mentre i gruppi a guida democratica avevano
rapporti più cordiali e produttivi sia verso gli altri membri che verso il capo.
L’unità
di gruppo e lo spirito di appartenenza era maggiore nei gruppi con capo democratico.
Di
fronte alle difficoltà i gruppi “democratici” reagivano affrontandole con
metodo, quelli “autoritari” si scindevano per effetto dei conflitti interni.
Nei
gruppi con un capo autoritario il livello di produttività scendeva in sua
assenza, mentre rimaneva stabile in quelli con un capo democratico
Sembra
quindi chiaro che gestire un gruppo in modo democratico sia, e di molto, la
soluzione migliore.
Ciononostante
a volte capita che certi gruppi quasi preferiscano una guida autoritaria,
questo perché la realtà democratica ha bisogno di apprendimento.
Non
solo, ma anche perché le persone che
sono profondamente insicure reagiscono favorevolmente a un governo di tipo
autoritario, per il semplice fatto che così vengono sollevate dalle proprie
responsabilità.
Infine: chi è
adatto ad essere un buon capo?
Premesso
che è importante la formazione dei capi come anche la rieducazione di un capo
inadeguato, secondo vari studiosi non ci sono nette distinzioni tra coloro che
sono destinati a diventare capi e quelli che saranno sempre i loro subordinati,
per cui, in teoria, ognuno potrebbe diventare capo.
Tuttavia
si può ragionevolmente affermare, in linea generale, che determinate qualità
personali possono discriminare tra persone atte al comando o no.
Atti
al comando sono individui certamente con forte personalità, ma con buone capacità
nei rapporti interpersonali e attitudine a concepire vasti piani, cioè a
ragionare in termini generali e di lungo respiro e non con una visione limitata
all’immediato.
E’
poi fondamentale che il capo venga percepito dal gruppo come dotato delle
qualità proprie del comando, come la competenza, la capacità d’ascolto,
l’abilità nel prendere decisioni in tempi rapidi e di infondere sicurezza nel gruppo.
P.s.: pensi che il tuo capo non sia all’altezza del suo compito? Leggi allora “Il principio di Peter” di Laurence
Peter (ed. Garzanti) dal sottotitolo “Perché
il vostro superiore è un incompetente? Questo libro vi dà la risposta”.
Divertimento assicurato. 😃
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